La storia dell’oro ha origini antichissime.
Senza esagerare, si potrebbe dire che la sua vicenda corre parallela a quella dell’uomo stesso, avendolo accompagnato da sempre nelle sue varie lavorazioni sottoforma di manufatti e di gioielli.
La sua fama è senza dubbio dovuta alla purezza estetica del metallo e alle sue caratteristiche che lo rendono facilmente lavorabile e difficilmente attaccabile da agenti esterni.
Queste particolarità devono aver colpito l’uomo fin da subito, attraendolo ben prima che gli fossero note nozioni chimiche o potessero essere formulate ipotesi su inflazioni e investimenti.
Oggi, naturalmente, ne sappiamo molto di più, ma l’attrazione che l’oro esercita nei nostri confronti è rimasta invariata nel tempo, rivestendosi, anzi, di nuovi e ulteriori significati.
Fisicamente, l’oro è un metallo che si presenta in un caratteristico colore giallo molto brillante.
In natura si trova allo stato nativo in diverse forme come pepite, pagliuzze e grani più o meno grossi contenute nelle rocce come nei sedimenti marini.
A dire il vero, la diffusione dell’oro è molto più ampia di quello che i limitati centri di estrazione farebbero pensare, ma la sua concentrazione è in genere così bassa da non giustificare i costi di un impianto di estrazione.
Anche l’acqua del mare, infatti, ha una presenza di polvere d’oro, ma in una quantità di circa un grammo ogni 2000 metri cubi di acqua.
Tra i Paesi principali produttori di oro c’è il Sudafrica, dalle cui miniere proviene la maggiore quantità di oro oggi in circolazione.
Al secondo posto della graduatoria figurano gli Stati Uniti, anche se nell’immaginario collettivo è questo il paese maggiormente legato all’oro e alla sua epopea dei cercatori che ha scritto tante pagine di romanzi d’avventura, tanti racconti e tante pellicole cinematografiche.
In Italia la quantità di oro è molto scarsa e legata principalmente alle sabbie aurifere di alcuni fiumi come Ticino, Dora Baltea e Sesia.
Le sabbie sono state per anni la principale sede in cui l’uomo ha cercato l’oro, affidandosi al classico metodo del lavaggio che, sfruttando il maggior peso specifico dell’oro, ne fa depositare le pagliuzze sul fondo di grosse scodelle o, più tardi, in canali di legno appositamente preparati.
Oggi il metodo usato per l’estrazione è la cianurazione , che fa reagire il minerale aurifero polverizzato con una soluzione di sodio e potassio.
Quello che se ne ricava, dopo alcuni altri processi, è l’oro puro, il cui simbolo chimico è Au.
Come accennato in precedenza, le caratteristiche peculiari di questo metallo sono di essere molto tenero e duttile, essere un ottimo conduttore di calore e avere una incredibile resistenza agli attacchi dell’ossigeno atmosferico o di altri elementi.
Non per nulla è considerato il metallo nobile per eccellenza.
La particolare duttilità, rende necessario, per l’uso in gioielleria, legare l’oro ad altri elementi come rame e argento.
Aggiungendo una percentuale di rame, il colore dell’oro tende a caricarsi e aumenta sensibilmente la sua durezza.
Questa soluzione è utilizzata, spesso, nella coniazione delle monete.
Aggiungendo l’argento, invece, la durezza non si modifica di molto, ma il colore cambia già con piccole percentuali di argento.
Leghe di tre elementi sono quelle usate, in genere, in gioielleria: oro, argento e rame formano il cosiddetto oro rosa, mentre l’oro bianco è costituito da oro e palladio oppure oro e nichel, elemento a suo volta già costituito in lega con il cromo e altri metalli.
La percentuale in cui l’oro è presente rispetto all’intero, determina la caratura di un gioiello o di un oggetto di oro.
Tenendo come riferimento sempre l’uso per la gioielleria, l’oro di riferimento, in Italia, è quello a 18 carati, su una scala che ha nei 24 carati il valore dell’oro puro.
Trasformando la percentuale in millesimi, i 18 carati indicano che su 1000 grammi di peso, 750 sono quelli in oro.
Le monete da investimento, come il Marengo o la Sterlina d’oro, in genere utilizzano oro a 22 carati, risultando, in questo modo, particolarmente pure e, quindi, maggiormente legate, per la determinazione del loro valore, all’andamento delle quotazioni dell’oro in borsa.
Minori sono i carati, invece, meno il riferimento dell’oro puro può essere un parametro indicativo per una valutazione, in quanto la percentuale di oro diminuisce e, di conseguenza, diminuisce il valore dell’oggetto.
Di contro, tornando alle monete citate, anche per queste il riferimento non può essere la borsa, perché la preziosità della moneta è determinata anche dalla sua rarità e dal suo grado di conservazione, creando il cosiddetto “spread” tra il valore di riferimento in oro puro e il valore reale che la moneta ha sul mercato.
Oltre a gioielli e monete, l’oro entra in tante altre produzioni per diversi usi.
Tra i più conosciuti c’è senz’altro l’oro colloidale che trova applicazione in ambito medico, non solo per la realizzazione di protesi, ma anche in alcuni metodi particolari di esami diagnostici.
L’oro si ritrova anche in alcune componenti elettroniche, rivestendo un ruolo per nulla secondario all’interno dei computer così come in ambito industriale e in alcune apparecchiature per le telecomunicazioni.
Diffuso è anche l’impiego in ambito aerospaziale, dove le proprietà di resistenza dell’oro sono sfruttate per i rivestimenti di alcuni satelliti artificiali.
In ambito chimico, l’oro è usato per rivestire i campioni biologici da osservare successivamente al microscopio elettronico, ma la sua enorme versatilità gli fa trovare posto persino in cucina, dove è usato in leggerissimi filamenti a scopo decorativo.